Legalitria in Puglia: incontri ed emozioni per una prima edizione esplosiva!
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Oltre 70 incontri in decine di Comuni diversi, dalla Puglia al Veneto, dalla Locride alla Lombardia. LegalItria, il primo festival nazionale della Legalità nato in Puglia grazie all’iniziativa della cooperativa Radici Future, oltrepassa i confini regionali e arriva in centinaia di scuole di ogni ordine e grado con la collaborazione di amministrazioni comunali che credono fortemente nell’educazione alla legalità.
Il Festival, che vede la direzione artistica del sociologo e scrittore Leonardo Palmisano, ha portato nelle scuole di ogni ordine e grado circa 10 mila volumi di scrittori e scrittrici, giornalisti e giornaliste che raccontano in modo diverso il concetto di legalità, la criminalità che invade i territori, l’integrazione, i diritti e i doveri di ognuno. Per questo LegalItria è anche e soprattutto un progetto di lettura. Un progetto che regala alle scuole i libri di ogni autore per non pesare sul bilancio scolastico già tanto provato.
Il 19 ottobre scorso è stata la volta della tappa di Torremaggiore (uno dei Comuni della Capitanata coinvolti, insieme a Biccari, Bovino, Ordona, San Severo e Stornarella) che ha visto come protagoniste le terze dell’istituto comprensivo “Via Pietro Nenni”.
Gli studenti si sono confrontati sul libro letto in classe nelle precedenti settimane, intitolato “Almeno uno” insieme all’autore Alessandro Schino. Il tema del volume è incentrato sulle dipendenze di ogni tipo, viste però con gli occhi di personaggi reali come Paolo e suo padre coinvolti direttamente nella problematica e di altri familiari satelliti con le proprie esistenze segnate da dolore e sofferenza.
“Paolo, prima tossicodipendente e poi alcolista – raccontano i ragazzi -, vive esperienze parallele rispetto a quelle di suo padre, dipendente dal gioco fin dall’adolescenza. Le vicende dei due si intrecciano, si influenzano e si sovrappongono fino a quando entrambi sprofondano nei propri inferni, per poi uscirne liberi e insperatamente alleati, quasi complici grazie alla condivisione dei rispettivi riscatti personali e sociali”.
Schino, che ha realizzato l’opera in collaborazione con Ilaria De Vanna, in modo coinvolgente, chiaro e quasi sottovoce, vista l’età dei suoi interlocutori e soprattutto la tematica trattata, ha chiesto ai ragazzi di esprimere le proprie riflessioni e domande scaturite durante la lettura del testo.
Molte le mani alzate e le domande poste, tra le tante hanno colpito in particolare alcune: “Come mai nel testo le parti descrittive che permettono una maggiore immedesimazione sono poche e diventano sempre più rare mano mano che ci si avvicina all’epilogo?”, ha chiesto Angelo.
La risposta non si è fatta attendere: “Pur avendo scelto una modalità di scrittura colloquiale e oggettiva come l’intervista diretta – ha sottolineato Schino -, avrei potuto incrementare questi aspetti per facilitare l’immedesimazione con i personaggi del libro. Farò tesoro del suggerimento ricevuto”.
Brunella ha voluto invece sapere se sia stato difficile per lo scrittore rimanere imparziale e non esprimere giudizi. “Sì, lo è stato, per natura l’uomo non può fare a meno di giudicare tutti e tutto”, la risposta dell’autore, che ha nel contempo sbalordito per la sua schiettezza e stuzzicato ancora di più la riflessione sui giudizi e pregiudizi. “Paolo, suo padre e i tanti Paolo che riescono ad uscire da questo tunnel riescono a rientrare nel tessuto sociale ed economico? Riescono a trovare un lavoro e ad essere guardati come uomini e non come la patologia che hanno sconfitto?”, con voce ferma e chiara, Francesca ha invitato Schino e la platea a riflettere non solo sulle dipendenze ma anche sul dopo. A questa domanda lo scrittore ha risposto con un’altra domanda, come prevedibile e come già analizzato in molte classi. Dopo quasi due ore di intenso dibattito, la conclusione dell’incontro non è stata meno emozionante: alla studentessa Lucrezia il compito di leggere una lettera che ha scritto per Paolo. Coraggio, stima, fiducia i sentimenti ricorrenti in un testo scritto da una tredicenne che a modo suo ha ringraziato Paolo e i tanti che sono caduti ma che hanno avuto la forza di rialzarsi e raccontarsi.
Caro Paolo,
mi presento, mi chiamo Lucrezia e ho quasi 13 anni e in un certo senso non ti conosco, ma in un altro credo di si…
Conosco la tua storia e inizio col dirti che mi ha colpito molto. Mi dispiace per tutto ciò che hai passato, davvero! Io non ti giudico, non ti critico, anzi ti comprendo e, anche se sono ancora “piccola” e non posso neanche immaginare cosa si provi nell’essere dipendenti da sostanze nocive come la droga, ammiro la tua determinazione e la forza che hai avuto per uscire da questo tunnel oscuro. Ognuno di noi potrebbe avere dei momenti di grande difficoltà e potrebbe facilmente credere che l’uso di sostanze stupefacenti o alcoliche possa aiutarci a stare meglio. Penso anche però che le dipendenze non siano sempre cose negative; può esserci una persona dipendente dalla musica, dalla danza, dall’arte… voglio dire che a volte, anche nei periodi peggiori dove pensiamo che tutto vada male, possiamo affidarci a qualcosa o a qualcuno che amiamo, qualcosa che ci aiuti veramente a superare i momenti bui della vita. Il mondo è diviso in due, nero e bianco, destra e sinistra e noi ci troviamo al centro, costretti a scegliere se andare da un lato o dall’altro. Perciò dipende da noi, esclusivamente da noi, perché nessun altro potrà mai essere padrone della nostra vita. Non è mai troppo tardi, per chiedere scusa, per ricominciare, per rimediare… non ce lo impedisce nessuno, è una nostra decisione. Grazie di avermelo confermato.
Sei una grande persona!
Lucrezia
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